Ormai è ufficiale: il multitasking fa male!
Fino a poco tempo fa (molti ne sono ancora convinti oggi) si riteneva che la capacità di compiere diverse azioni insieme, fosse una qualità fondamentale per sopravvivere nella società odierna, segno di intelligenza e reattività.
Gli studi più recenti non confermano questa idea, anzi sostengono che impegnarsi in molte e diverse azioni in simultanea, possa essere addirittura dannoso per la salute del nostro cervello.
Oggi giorno capita sempre più frequentemente vedere persone che utilizzano lo smartphone mentre sono alla guida (fenomeno pericolosissimo), che scaricano mail o navigano mentre guardano la tv, oppure che mentre mandano messaggi a raffica scaricano qualche canzone e sostengono una discussione con persone reali.
Questi sono solo alcuni fenomeni dell’onda lunga del multitasking reso possibile e portato all’estremo dalle nuove conquiste tecnologiche; un onda che sembra inarrestabile, soprattutto per i così detti “nativi digitali”, i giovani
cresciuti insieme alle nuove tecnologie per cui il multitasking sembra il solo stile di vita possibile.
In realtà il fenomeno non colpisce solo i giovani, spesso i genitori rovesciando “le regole generazionali” inseguono, non senza difficoltà, le abitudini dei figli; per i meno giovani rinunciare al multitasking significherebbe accettare
un handicap inaccettabile.
Il multitasking sembra quindi non faccia differenze di sorta e si configura come fenomeno trans generazionale.
In uno studio condotto da Sandra Bond Chapman, fondatrice del Center for brain a Dallas risulta che il multitasking accresca i livelli di cortisolo, l’ormone connesso allo stress.
La presenza eccessiva di cortisolo nel nostro corpo può produrre diverse conseguenze pericolose come peggioramento nell’umore, maggior sensibilità al dolore, difficoltà ad addormentarsi, stanchezza cronica, calo del desiderio sessuale, aumento di peso e maggior vulnerabilità ad alcuni malanni come raffreddori e influenza.
Inoltre l’essere costantemente connessi causa un rilascio di dopamina nel cervello che può creare dipendenza e che rende incessante il bisogno di velocità e nuovi altri stimoli.
Già queste conseguenze potrebbero essere sufficienti per abbandonare il multitasking. Ma c’è dell’altro:
il nostro cervello lavora bene se fa una cosa alla volta. I neuroni, se devono sorvegliare molte attività contemporaneamente, non riescono a spartirsi i compiti e li tengono tutti sotto controllo furiosamente, spostando il proprio impegno da uno all’altro. Ciò che si ottiene è un superlavoro che produce risultati modesti e imprecisi.
A conferma di queste affermazioni è comparsa recentemente su Forbes una ricerca inglese che sostiene che il multitasking prolungato produca una diminuzione del quoziente intellettivo adulto fino a 15 punti, avvicinandosi al
QI di un bambino! In sostanza diventiamo più stupidi, facciamo fatica a mantenere concentrazione, creatività, ad apprendere nuove abilità e sembra che ci sia un più precoce e maggiore declino cognitivo.
Il multitasking influenzerebbe negativamente anche la memoria di lavoro. Le conseguenze si tradurrebbero nel dimenticare quel che abbiamo fatto appena prima e quel che dovremmo fare subito dopo un’interruzione. In parole povere significa che se stiamo scrivendo perdiamo il filo, se stiamo pensando perdiamo il senso, e se stiamo eseguendo una qualsiasi procedura non sappiamo più a che punto siamo della sequenza. Se stiamo lavorando, potremmo compiere più errori e impiegare più tempo del necessario per terminare.
Perchè quindi, il multitasking si sarebbe sviluppato così tanto e per un certo periodo addirittura incoraggiato?
E’ difficile dare una risposta univoca. Probabilmente diversi fattori hanno contribuito al suo sviluppo; un’ipotesi affascinante quanto negativa, è quella secondo cui saremmo sottoposti ad un’ incessante pressione commerciale per la diffusione e l’utilizzo di schermi e applicazioni di ogni tipo, e l’altrettanto forte pressione mediatica volta a stimolare interazioni sui social (i like, i mi piace, i condividi, i disapprova) fidelizzanti nei confronti dei media stessi.
A volte siamo così iper-stimolati che non sembra possibile un’alternativa. In relatà non è così, sempre in più ambiti c’è una riscoperta della lentezza e del compiere azioni in piena presenza mentale. Alcuni esempi sono lo slow-food, la
slow-medicine e lo slow-design, ma l’unica forma di difesa è tornare ad uno stile di vita più pacato, meno prigioniero delle possibilità che ci offre la tecnologia prediligendo la qualità nelle nostre attività piuttosto che la
quantità.
Davide Boraso
Psicologo – Psicoterapeuta
Terapeuta EMDR e MindfulnessBCT.
Bibliografia
Articolo su Forbes: https://www.forbes.com/sites/nextavenue/2013/05/08/why-single-tasking-makes-you-smarter/#ce43bc550636
Approfondimento sugli effetti multitasking su cervello: https://www.theguardian.com/science/2015/jan/18/modern-world-bad-for-brain-daniel-j-levitin-organized-mind-information-overload